Ahsoka tu! (Ma non dovevamo rivederci più?)
L'Impero colpisce Ahsoka - non è vero: note a margine di battaglia dopo gli episodi 1-2-3 della nuova serie Star Wars.
Ahsoka prende alla lettera il desiderio perverso che abbiamo sussurrato in questi anni di dormiveglia kennedysneiano: sospingersi oltre la galassia conosciuta.
Dave Filoni, che scalpita da anni per riprendere in mano la sua prima esperienza creativa adulta fuori dall’ombra George, Rebels, raccoglie tutte le risorse artistiche e finanziarie coltivate dopo il successo di Mando per disporre le proprie navicelle su quel vettore.
Dal 2013, il pazzo col cappellozzo ha imparato dai grandi che lo hanno circondato (Abrams, Johnson, Favreau) per stabilirsi in pianta stabile nel live action. Segretamente, il suo piano è stato rilanciare la partita e settare un nuovo standard delle produzioni serali seriali Lucasfilm, scalzando il mentore Favreau. E forse ci è riuscito.
Rotta per casa di Thrawn (ci stiamo perdendo la festa)
Un salto in avanti in pieno nerdismo starwarsiano, ma giusto per affrontare subito il punto iniziale.
Il succo della serie è quello di acciuffare un cattivone che non si è mai visto finora, se non nei cartoni. Il Grand Ammiraglio Thrawn.
Affrontare questo personaggionon solleva solo questioni di canone contro Legends (l’universo narrativo espanso di romanzi, fumetti e videogiochi riazzerato nel 2014, con l’arrivo di Disney), ma questioni sulla natura della stessa galassia di Star Wars. Il personaggio è stato creato dalla Trilogia di libri che ha di fatto dato il la all’universo espanso di Star Wars, scritta da Timothy Zahn nel 1993 - un’opera dai toni e dalle intenzioni piuttosto adulte e razionaliste rispetto alla visione più colorata e favolesca concepita da Lucas, ma non priva di elementi misteriosi.
Rimanendo nel diegetico, Thrawn viene da fuori dalla galassia sconosciuta, da un groviglio di supernove navigabili solo con la Forza, chiamato il Chaos: è proprio una minaccia che si affaccia a questi spazi semi-inesplorati a portare il nostro amico blu a d unirsi all’Impero.
In Ahsoka come nella Thrawn Trilogy, il genio strategico del Grand Ammiraglio ha messo già a fuoco quanto sia indispensabile associare la Forza al potere politico-militare: in quei romanzi, con il Jedi oscuro C’baoth; qui con l’alleanza con Morgan Elsbeth e le Nightsisters of Dathomir, una delle presenze più misteriose e arcane (un finissimo gioco di parole!) della Galassia.
Filoni, fine estimatore di quel periodo della storia del fandom, sta cerchiobottando fortissimo, trovando nuovi appigli narrativi fondati in decenni di tradizione letterari, per quanto invalidate dalle logiche di branding. Il pazzo col fedorozzo sta letteralmente espandendo la Galassia -geograficamente, ma soprattutto mitologicamente, in un vettore disegnato dal passato al futuro.
Ti Jedi, no scotti, più mano
The Jedi are no more, diceva il saggio, e solo all’apparenza nessuno sembra accorgersene.
Mentre Luke su Ossus a perpetuare gli insegnamenti del vecchio Ordine - fregarsene del resto della galassia, beatamente meditando sulla purezza dei propri intenti -, resta ad Ahsoka, Sabine e Huyang (col supporto militare di una callosa Hera Syndulla) fare il lavoro sporco di prevenire una nuova Guerra Civile e affrontare la dark force rising (cit.).
Eppure, le cose non sono cosí nettamente divise tra bene e male, e le fazoni Force-users in gioco sono molte di più del solito: la dinamica porta un po’ di sugose implicazioni filosofiche in gioco.
Innanzi tutto, la misteriosa razza che ha portato l’uso della Forza nella galassia (forse attraverso i Purgill, le balene iperspaziali che, ricordiamolo, sono sensibili alla Forza?). Si vocifera possano essere gli Zillo, introdotti nel videogame Jedi: Fallen Order, ma soprattutto suona come bel plug al film sull’origine dell’Ordine Jedi in preproduzione (mannaggia Mangold), ma, per ora, ci interessa solo sapere che potrebbero aver dato il la a un potere inimmaginabile che Baylan vuole afferrare.
Il personaggio stesso di Baylan Skol è forse la migliore aggiunta al canone da Babu Frik a questa parte: l’ex Jedi, ora mercenario con la spada arancione, e la sua apprentista Shin Hati rappresentano una sfaccettatura della Forza imprecisa, più vicina agli Inquisitori che ai Sith - Jedi praticanti convertiti ai mezzi del Lato Oscuro, che non si sono ancora votati all’esoterismo Sith. Eppure, con loro c’é un (neo?)Inquisitore, Marrok, in teoria più investito di lui nel Lato Oscuro (anche se la filosofia dell’Inquisitorium non è ancora stata esplorata a fondo - almeno, datemi tempo di leggere Inquisitor: Rise of the Red Blade): più che la sua identità, a questo punto ci interessa conoscere la natura del suo legame con Skol e Morgan.
Quella di Skol e Hati è una posizione che ribalta perfettamente quella di Ahsoka: pur avendo rinnegato l’Ordine, la nostra togruta preferuta ancora si attiene ai suoi principi di base. Ma il solo fatto di aver preso come sua apprendista la peggiore promessa esistente, Sabine Wren (la cui sensibilità alla Forza sembra essere davvero scarsa), da solo dimostra e che tutti possono entrare in contatto con la Forza e che l’approccio Jedi (rappresentato da quel pezzo di me...tallo di Huyang.. È questa forse la leva narrativa più coinvolgente per la serie per ora, quella genuinamente più pura e coinvolgente, quella che, insieme al segreto di Morgan e Baylan, potrebbe aprire la via a una concezione della Forza ancora più olistica e fondamentale, un’esperienza moderatamente spirituale di cui le Nightsisters of Dathomir (infatti partiamo da un pianeta chiamato Arcana, tre passi indietro prima di prendere la rincorsa per il futuro), le streghe del Lato Oscuro, potrebbero essere chiave.
In generale, la noiosa dualità Jedi-Sith sembra essere superata e si aprono strade per un rinnovamento nell’Ordine. Tutto sotto il naso di quel povero pirla di Luke, che si è appena lasciato sfuggire quella promessa sotto il naso.
Kurosawa ti scrivo
Filoni è cambiato parecchio da Rebels e soprattutto dal primo episodio di The Mandalorian. Il cinema giapponese e soprattutto di Kurosawa gli è completamente entrato nelle vene - o almeno, lo sta canalizzando tutto in questa produzione.
La giapponesità, forse una scorciatoia per le parti più esoteriche di questa storia, pervade l’ambiente sonoro e il ritmo di questa produzione - inizialmente un po’ glaciale -, ma anche la solennità dell’uso della camera e del movimento. La scrittura sembra concentrarsi nel raccontare i personaggi attraverso le proprie dinamiche in azione - la scena di allenamento all’inizio della 3 è esemplare -, e infatti si indebolisce e si appoggia sui clichè quando è necessario portare avanti la costruzione con i dialoghi - la terribile scena di Hera contro il Senato.
Vedremo: di fatto i primi due episodi mi han lasciato un po’ freddo: solo rivedendoli e agganciandoci il terzo ho cominciato a capire cosa Dave stesse cercando di fare.
Amicissimi, abbiamo aperto le danze su Ahsoka e speriamo ci aspettino altri bei grattacapi. Episodio 4 è quasi in canna per cui sono già sotto stress, speriamo di farcela..
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