Le canzoni di Sanremo 2022 spiegate peggio (parte 1)
Ovvero cosa ha capito davvero Amedeus delle canzoni che ha scelto quest'anno.
Se credete di aver capito una canzone è perché non l'avete ascoltata per davvero.
Dopo il successo dell’anno scorso, a grande richiesta, signore e signori, col favore delle istituzioni, nella vita democratica di una Nazione non c’è nulla di peggio del vuoto politico, torna la rubrica dedicata alla spiegazione delle canzoni della kermesse di Sanremo 2022.
Cosa avrá spinto Amedeus a sceglierle? E perché ci fa piacere ascoltarle nonostante l’abominio che rappresentano?
Cominciamo con le canzoni della prima serata appena conclusasi, cosí potete leggerle mentre fate i pendolari dal letto al divano.
Cominciamo con la prima parte, ma la seconda è già qui.
Achille Lauro feat. Harlem Gospel Choir - “Domenica”
Achille Lauro é impegnato nella sua camminata entro i 200 metri dall’abitazione, solo che ha appena fumato ed é piuttosto suggestionabile. Una giornalista di Rolling Stone si avvicina (Fanculo è Rollin’ Stone) e comincia a spupazzarglisi addosso con fare erotico. Probabilmente confusa, prima gli dice “come osi” poi cerca di avvantaggiarsi del nostro povero Lauro (la terzina Mi ingoia come un boa / Lei dice “come osi” / Poi mi spoglia)
Ma Achille, come il tempo, è galantuomo (Le tratto bene se no si innamorano, che è tra l’altro la sinossi della mia vita) e, forte dell’attitudine leggera del fine settimana, la rimbalza (Sì poi ti chiamerò / Si domani poi vedrò).
Evidentemente le droghe fanno effetto e Achille si risveglia nel bagno qualche tempo dopo: la giornalista é sua moglie e hanno giá figliato (Esco dal bagno con 3 figli e moglie). La sua attitudine sorniona lo fa reagire con un certo aplomb finto-decadente (E mamma guarda come dondolo / Ho un brutto voto dopo il compito) ma non vuole comunque prendersi responsabilitá e si dá alla macchia (Le voglio bene ma mi dò per morto).
Yuman - “Ora e qui”
La bellissima meta-storia di Yuman che “qui e ora” sul palco di Sanremo é costretto a improvvisare il testo, raccontando la sua esperienza finora. Ma siamo sicuri che ce la metterá tutta, e anche un pezzettino di più.
Noemi - “Ti amo non lo so dire”
Dopo un lungo corteggiamento e messa alle strette dal suo pretendente proprio, Noemi si scopre incapace di ricambiare i di lui sentimenti. Per cui irrompe in un drammatico e disarmante stream of consciousness (Sono quella stronza che non cambierà per te), riconoscendo sia l’impenetrabile barriera che li separa (Più mi guardi più credo che / La parola sia l’unico proiettile / A dividere / Questo nodo tra me e te) sia la preoccupazione di voler evitare un dolore a entrambi (Preferisco galleggiare / Sopra i miei pericoli / Con la testa verso il sole / Perché ti amo non lo so dire).
Peccato che lui se ne sia giá andato da un pezzo lasciandole il conto da pagare.
Gianni Morandi - “Apri tutte le porte”
Gianni Morandi ha una terribile influenza intestinale (A forza di credere che il male passerà / Sto passando io / E lui resta). Passa nottate intere a penare al cesso e si sente impotente (Oppormi all’inerzia e alla sua forza/ Che rammollisce il corpo mio da dentro / Mantenendo rigida la scorza), il virus lo sta sconfiggendo e asciugando di ogni forza vitale (Un parassita che lentamente infesta / Tutto quanto fino a prendere il potere). Mentre aspetta che passi, fa quel poco che può per facilitarsi la vita (incitandosi durante le evacuazioni con Stai andando forte), mangiare verdure fresche e ridurre il cattivo odore proveniente dal bagno e dalla cucina, con precise istruzioni: Apri tutte le porte / Brucia tutte le scorte / Fai entrare il sole (si sa, le vitamine sono importanti).
La Rappresentante di Lista - Ciao ciao
Un ritratto degli ultimi giorni del capitalismo raccontato dal punto di vista di una cubista.
“Nel silenzio della crisi generale / Ti saluto con amore” ci illustra la Rappresentante di Lista, mentre passa senza soluzione di continuiá dall’essere oggetto di male gaze sulla dancefloor (Ciao ciao / E con le gambe, con il culo, coi miei occhi) al lancio molotov (“Questa è l’ora della fine / Romperemo tutte le vetrine”). L’obiettivo é sempre lo stesso: un sistema post-comunista di matrice utopistica e quindi intrinsecamente irrealizzabile (La fine del mondo, che dolce disdetta).
Michele Bravi - “Inverno dei fiori”
Michele Bravi affronta il tema della salute mentale, raccontando un drammatico attacco d’ansia pre-coito (Il cuore perde un colpo non respira sotto il peso della vita / Altre volte la tua voce è come un fiume in piena). L’esperienza di confusione che l’attacco scatena é un rigurgito degli anni delle scuole dell’obbligo (“Tu insegnami come si fa ad imparare” equivale a “vorrei imparare a imparare a imparare”), e rivela una certa mancanza di preparazione musicale (“se fossimo dei suoni, sarebbero canzoni”, ovvero “se fossimo lettere, saremmo romanzi”). La mancanza di complicitá sessuale (“se fossimo stagioni, verrebbe l’inverno / l’inverno dei fiori”, é un’elegante metafora sull’impossibilità di sbocciare) lascia il posto a una prematura eccitazione (Fioriamo adesso, prima del tempo) consumata un po’ squallidamente in luogo pubblico (Uscire quando piove e poi entrare dentro un cinema / Anche se siamo solo noi / Anche se il film è già a metà).
Massimo Ranieri - “Lettera di là dal mare”
Massimino Ranieri è in giro con la decappottabile a fare lo sgargiante (Dove piove fortuna, dov’è libertà), ma all’improvviso comincia a diluviare (Ma in un punto del viaggio la pioggia cadrà).
Il nostro si dispera e si rivolge alla sua non determinata accompagnatrice: naviga a vista (Amore vedi così buio è), annaspa con l’acqua in bocca (E poi si sta / Col fiato a metà), chiede aiuto alla provvidenza (E tutti tacciono e tanti pregano / Se il Signore vorrà…). Il viaggio si interrompe bruscamente con la macchina che cade in un campo (Poi il tempo si ferma / Qualcuno grida terra, terra, terra!): Massimo sviene, cullato dal rumore del motore ancora acceso (E gli occhi tacciono / Ma a notte sognano / Il motore che va).
Mahmood e Blanco - Brividi
I soldi e le droghe hanno cambiato Mahmood e Blanco, vittime di un incidente ciclistico di chiaro stampo altoborghese (Ho sognato di volare con te / Su una bici di diamanti).
Separato dall’amico, Mahmood si trova a vagabondare per le strade di Milano: una grave balbuzie e il freddo gli rendono impossibile comunicare (Non lasciarmi così / Nudo con i brividi / A volte non so esprimermi). L’istinto lo riporta da Blanco, ma dapprima sbaglia indirizzo (E ti vorrei amare ma sbaglio sempre) , poi, una volta giunto a destinazione, il decadentismo prende il sopravvento sulla quiete (Tu, che mi svegli il mattino / Tu, che sporchi il letto di vino ), ma soprattutto sull’anatomia umana (Tu, che mi mordi la pelle / Con i tuoi occhi da vipera).
Ana Mena - “Duecentomila ore”
La nostra povera Ana è stata bidonata (Sola io ti aspetterò / A cena da sola) da un pachistano
che, come sempre, le aveva promesso duecentomila rose a un euro (lo che non cercavo un ragazzo di strada / Poi mi hai distratta/ Vendendomi un’altra bugia). Si deve quindi accontentare di se stessa e del vegetale (Quando la notte arriva / M’ama non m’ama un fiore). Complice l’alcool (Un Cuba libre amore) e forse una toccatina pre-pasto (Amarsi un’ora prima), l’esperimento fallisce in attesa dell’estasi dei sensi (È un’altra sera, Che se n’è andata / È questa attesa, Che è disperata), ma intanto le duecentomila ore sono passate.
E come direbbe Sting, chapeau.
Rkomi - Insuperabile
Camminando per strada, Rkomi prende dentro a una ragazza e i due cadono per terra avvinghiati l’uno all’altro (Sto immergendomi nella corrente, le tue lentiggini /Uno ogni due sono come scalini che portano nell’Olimpo/In un mantello di nuvole bianche, cosa mi hai fatto). Il ragazzo crede si tratti di un rapporto sessuale in piena regola.
Tra un ematoma e un epistassi (Le sabbie sono diventate rosse), Rkomi sviluppa degli incredibili poteri percettivi (Sentimi il polso / Percepisco sangue freddo nelle mie vene) e si accorge che la ragazza ha la fiatella (Baci rubati, respiro gasolio). La ragazza maledice il suo nome (Abbiamo rovinato anche il cognome dei nostri) e scappa.
Ma non tutto é perduto: il ragazzo recupera il cellulare e nota premendo cose a caso nell’incidente ha accidentalmente composto il suo nuovo nome d’arte… RKOMI.
Dargen D’Amico- “Dove si balla”
Il seguito ideale di Rotta per casa di Dio degli 883, solo che Dargen D’Amico ha un certo curriculum di ciulate e si indirizza con fare coraggioso alla bella ragazza venuta dallo spazio che gli balla sottocasa.
Il nostro, in chiara deprivazione di sonno (Se dormi troppo poi ti svegli morto / Sono d’accordo…) vuole dirigersi con la donna alla discoteca più vicina, solo che capita in un rave in un hangar dismesso mezzo collassato alla foce del Po. Neanche questo lo scompone (Fottitene e balla/ Tra i rottami / Balla per restare a galla / Negli incubi mediterranei) anche se della ragazza spaziale si perdono le tracce.
Lo sappiamo, Dargen é un romantico e un po’ una testa di minchia (Che brutta fine le cartoline - certo, se le mandi a un’aliena), ha una fitta di nostalgia e replica l’esperienza del rave nel suo salotto, scusa che gli permette di conoscere una vicina di casa (Ciao che fai? Quanto stai qui a Milano?) che conosce la sua situazione drammatica con l’aliena (- Ma se ci scopre tu sei un uomo morto / - Sono d’accordo…). La cosa prosegue per un certo tempo, stimolata anche dal di lui cane che si sa fa sempre colpo con le ragazze, ma alla fine lui é un nullatente e deve interrompere la liaison (non si può fare la storia se ti manca il cibo), anche perché lei gli ha letteralmente levato il tappeto da sotto il culo (Tu m’hai levato tutto tranne l’appetito).
Giusy Ferreri - “Miele”
Giusy é una donna di mezza etá metereopatica (Resto sveglia e mi chiedo perché / Piove su questa città), lasciata sola da un misterioso amante probabilmente a causa della sua tendenza a disturbare la quiete pubblica (Perché questa notte non corri da me / Ti ho lasciato nel vento una musica)? Per la solitudine, Giusy tenta il suicidio con una lama intinta nel miele, ma riesce solo a fare subbuglio con le stoviglie (È una lama che sa di miele / Cade a terra un altro bicchiere).
Credete di averci capito qualcosa in più? Lasciate un commento!
Noi ci vediamo con la seconda infornata di canzoni dalla kermesse delle musichine!