Mille mo(n)di per evitare il Vuoto - Due parole su LOKI
Loki é solo una nerdata per introdurre la prossima infilata di film? In breve: no.
So it begins, la grande guerra trans-mediale delle Realtá Alternative. Da un paio d’anni, Warner/DC e Disney/Marvel hanno cominciato a combattere a botte di voci di corridoio la jihad del Multiverso, ovvero il Sacro Graal del “vale tutto” degli universi narrativi.
Coltellino svizzero per sceneggiatori? Requisito minimo per franchise in espansione? Forse. Non solo.
Loki introduce ufficialmente la wild card del Multiverso nel principale fenomeno mainstream dei nostri temi, con la storia probabilmente più intima e sfaccettata del Marvel Cinematic Universe.
Ma perché le Realtá Alternative, la coesistenza nello stesso ambito di spaziotempo di realtá minimamente differenti, questo astruso concetto di fisica quantistica e/o di continuity fumettistica sta entrando a due piedi nel mainstream? Ho provato a farmicisi due domande á la Meaning/Less.
Sigla:
ISN’T HE LOKELY?
Se la forma é il messaggio é la forma, Kate Herron (regista), Michael Waldron (capo sceneggiatore), Tom Hiddleston (dio pagano), Nathalie Holt (colonna sonora), e ovviamente l’Uomo dietro la cortina Kevin Fiege (Uomo dietro la cortina), hanno creato le condizioni perché Loki fosse un’opera di competenza ed intrigante eleganza.
Spinta dal solo motore dell’entusiasmo, Herron dona a queste 6 ore di televisione un punto di vista e una cifra che la maggior parte delle produzioni MCU si é semplicemente sognata finora. Una palette colori che sporca di colore il classico grigio-cielo dei film girati ad Atlanta. La gestione maniacale delle tantissime dinamiche di dialogo e di esposizione frontale. Questo sapore british per il weird e l’understatement che probabilmente hanno scambiato per vicinanza a Doctor Who complice il coinvolgimento del tempo.
Waldron scrive come se avesse costantemente il cervello in fiamme. Imprime la sua cifra di wonkiness e costruzione personaggi su dialoghi densi e stratificati. Si sente odore di Rick & Morty, ma qui nessuno si compiace per la complessitá (e di fatti c’é qualche buco di world-building, specie sulla natura delle timeline e delle realtá alternative) e per un gusto più affettato per proporre tematiche e produrre sottotesti sotto il naso senza averli sventolati prima (perché costruirli a matrioska qui non si può).
Gli attori? Hiddleston, Sylvie Di Martino, Wilson, Jonathan Majors — tutti quanti, boh, non ho nemmeno più parole.
Holt fa con i theremin e i sintetizzatori quello che Göransson ha fatto con il flautino delle medie in Mandalorian. Qui sí che possiamo parlare più fondatamente di parentele con Who (a parte, ok, la timey-wimeyness) proprio la parte più singolare del lessico sonoro, a cui però Nathalie Holt regala ampiezza e gravitas, infilandoci generosi Wagnerismi (che montano a una citazione più esplicita nel brano sopra embeddato) e di ampliare le possibilitá del Zimmerianesimo e dei nostalgismi di Dixon & Stein (Stranger Things) pur utilizzando molti degli gli stessi ingredienti.
Qualcosa nelle parole di Scorsese deve aver colpito nel vivo Fiege. Ha imparato. É passato a una sorridente controffensiva artistica. Come gli ultimi outing del MCU ci stanno dimostrando, l’ingranaggio non può più prescindere dalla qualitá - la macchina caga-soldi sta trovando un margine di crescita tra iterativitá, iperattivitá e innovazione. Un margine che comunque sembra piacere alla proverbialmente “risk-averse” Disney che, con Bob Chapek alla guida dopo Bob Iger, potrebbe potenzialmente avviarsi a un nuovo Medioevo creativo - o a un ritrovato Rinascimento.
La somma di queste parti é, inevitabilmente, maggiore e, da manifestazione della popolaritá a uno dei personaggi più amati dell’MCU, Loki ci si propone come banco di sperimentazione sui concetti di personaggio e mondo del racconto, lanciandosi in un character study su un sociopatico egomaniaco e autoriferito.
LOKISPIEL
E non puoi fare un character study senza mettere il personaggio di fronte a se stesso. Waldron ha preso la cosa molto alla lettera.
Marvel si dimostra ancora incredibilmente in risonanza con l’attualitá, per produzioni che ormai compiono circa due anni di vita prodotti. Dopo WandaVision sull’elaborazione del lutto, The Falcon & The Winter Soldier sul razzismo, Loki riflette sull’accettare se stessi e il filo della propria identitá, e lo fa, come tutti noi durante il lockdown, in una situazione di isolamento dallo spazio e dal tempo.
Come Loki, ognuno di noi é rimbalzato cosí tanto sui tasti della propria storia che diventa impossibile non chiedersi quale sia la conseguenza di ogni singola variazione nell’equazione impossibile che é la nostra vita, quali siano le alternative, le strade non prese, i passati alternativi e i futuri possibile. E questo diventa ancora più attuale se si affronta identitá sessuale e di genere.
Abilmente nascosta dal timido reveal della bisessualitá di Loki e dalla riflessione più ampia sul libero arbitrio, c’é l’evidente metafora transgender di Sylvie, cancellata dalla timeline solo perché donna - ancora meglio, appartenente a un sesso sbagliato rispetto a quello cui si suppone il Loki della “Sacra Timeline” si debba identificare.
LOKI TI PRESENTO SYLVIE
Dalla demolizione e ricostruzione del personaggio Loki stemma, quasi come una deviazione della timeline, il tema dell’amore e di quanto ci definisca come persona. Per Loki questo si traduce in narcisismo, e come potrebbe essere altrimenti, ma é interessante che il pomposo e vanitoso Dio dell’Inganno ci caschi per la parte di sé più incazzata, idealista, ingiustamente ferita. Come potrebbe finire bene. L’amore é un pugnale - e con uno scontro tra pugnali l’amore di Loki (per se stesso) si risolve, come i matrimoni, alla Fine del Tempo.
Il finale apre infinite porte non solo per l’MCU, ma anche per Loki e Sylvie, che ha fatto la scelta più altruista, idealista e comunque self-affirming. Tutti hanno il diritto di vivere. Quello che non funziona del tutto é che una storia cosí “personale” svicoli improvvisamente per affrontare, con una lunga esposizione, un personaggio che é motore immobile che regola arbirariamente il destino dell’universo stesso. Lui che Rimane / Kang il Conquistatore, come volete chiamarlo, é in fin dei conti l’ombra di un uomo spezzato in mille identitá, riassemblato alla bell’e meglio (guardatevi il kintsugi sui muri della Cittadella), un bugiardo manipolatore. In questo, in qualche modo, é uno specchio oscuro di Loki stesso, un uomo che ha raggiunto il suo glorious purpose e si é fatto trasformare in clown dalla consapevolezza che ne é derivata.
Da male necessario della storia di qualcun’altro (o ironicamente, nel lungo termine, ancora di più), Sylvie e Loki diventano in ogni caso i protagonisti della Storia. Ma condannati a inseguire un nuovo glorious purpose sempre insoddisfacente.
MOLTI VERSI
La rivelazione - o meglio, l’apertura del Multiverso arriva in un momento storico incredibilmente denso. Tra pandemie, ingiustizie sociali, sistemi completamente lenti e inadeguati ad affrontare una realtá sempre meno leggibile e sempre più sfaccetata, a coordinate culturali e valoriali dettate da un’agenda setting sempre più schizofrenico, abbiamo davvero la percezione di trovarsi davanti alla Fine del Tempo. Davanti alla sensazione soffocante e ansiogena che il futuro sará terreno (o deserto) di scontro e non di opportunitá. Ed é in tempi come questo, storicamento, che aumenta la natalitá, perché sfidare le probabilitá a sfavore é un bias fantasticamente/inquietantemente umano.
In questo scenario, il concetto di Multiverso sta diventando improvvisamente mainstream grazie ai cinecomic, e sono convinto che una riflessione sul perché potrebbe disegnare mo un’imprevedibile traiettoria di fuga dalla spirale autodistruttiva su cui stiamo sguazzando.
Da un lato, lo shifting e la mescolanza continua di fatti culturali forse eterogenei mette in dubbio identitá nazionali, personali, culturali, di genere al punto che si rendono necessarie ricostruzioni e storiografie alternative, alla ricerca di un riconoscimento e di una legittimazione che altrimenti la monocultura non accetterebbe. La monocultura propriamente detta esplode in quelle che una volta avremmo chiamato contro-culture, ma che ora, per assenza di slancio rivoluzionario, possiamo chiamare solo nicchie o alternative. Alcuni commentatori hanno identificato, curiosamente, Avengers: Endgame come ultimo momento monoculturale del decennio scorso, e probabilmente, anche guardando a quanto divergenti siano le estetiche delle prossime produzioni MCU, potrebbe esserci qualcosa di vero.
Poi, come anticipato anche da Spider-Man: Far From Home in contesto MCU, siamo al centro di una continua rilettura e reinterpretazione della veritá - davanti all’annullamento e alla riscrittura costante dei fatti, l’unica cosa che ha senso é la difesa di diritti assoluti per cui valga la pena combattere (di cui Sylvie é forse l’ultima, nichilista rappresentante nel contesto di Loki).
O ancora, in un regime di dittatura della nostalgia e nell’estetica dell’eterno e riconnesso ritorno, il consumo dell’intrattenimento e la sua digestione (meme in primis) ha infranto le barriere tra linguaggio e metalinguaggio. I meme sono valuta di transazione culturale e non possono trascendere dai contenuti originali che rielaborano. Il multiverso é uno step necessario in cui tutti questi strati culturali giustapposti e contingenti diventano canonici/legittimati sia diegeticamente all’interno di un racconto che extra/metadiegeticamente all’esterno della conversazione sui racconti stessi. E tutto questo da un lato alimenta la ludicitá della conversazione quando il terreno é fuori dal film/serie, dall’altra diventa una ricompensa per gli spettatori più attenti (portando al cinema quanto successo per la narrazione seriale televisiva) quando é all’interno del contenuto. In questa stratificazione continua di significati, da multiverso si passa a metaverso, e in quanto tale potenzialmente “tokenizzabile” e monetizzabile (vedasi l’eldorado degli NFT).
E a proposito di fisica quantistica: il Multiverso mainstream potrebbe anche anticipare qualche scoperta scientifica rivoluzionaria? Negli ultimi mesi si é parlato tantissimo di UFO e vita extraterrestre - che il futuro sia alter-terrestre? Che il Dio dello Zeitgeist ci stia preparando a qualcosa di infinitamente imprevedibile - o interrogarsi su realtá contro-fattuali é solo l’orizzonte definitivo della nostra continua fame di escapismo?
Loki ci mostra che al di lá della linearitá percepita del mondo c’é un ulteriore discarica-mashup il cui destino é essere inghiottito dall’oblio. Il Multiverso ci dá uno strumento per immaginarci diversi, e de-responsabilizzarci o, forse, ispirarci a trovare l’alternativa - la famosa singola possibilitá su un milione di possibili scenari di Doctor Strange.