Meaning/Less #4: Uomini, Dei, Dune
2021: il genere umano cerca una chiave di lettura per il cambiamento. E Dune, Eternals e Foundation provano a fornirla.
Benvenuto 2022.
Sono ore di bilanci. Ore di ricordi. Ore di ansie e speranze. Ore di positività (*wink* *wink* *wink*)
Recentemente stavo ripensando alla quantità di contenuto divorato in questi ultimi mesi e devo dire che, nonostante sia ancora tutto fatalmente impregnato di ricorsività, overlap col passato e nostalgia, è stato un anno di incredibile qualità, soprattutto al cinema. Una reazione strana alla pandemia e alla mancanza di alternative, che, in molti casi, si é tradotta in espressioni di profondo innamoramento degli autori non solo per le opere ma per i propri linguaggi d’elezione.
Il 2021 è stato, casualmente o meno, un momento in cui la nostra cultura, quella occidentale di sicuro, ha annaspato alla ricerca di una soluzione per il proprio perenne esaurimento nervoso. Il contesto attuale somiglia a una gigantesca pelle di serpente sotto la quale si agita irrequieto un elefante. Il passaggio da contro-culture a micro-culture, la sovraesposizione del sé a se stessi tra social e lockdown, la crescente popolarità del discorso su strati ulteriori alla realtà (multi e metaversi) ci ha irrimediabilmente portati a dare a queste ansie la forma di speculazioni sul senso dell’umanità, sul nostro ruolo negli ecosistemi che popoliamo, sul futuro personale e della nostra specie.
Non sembra un caso che Dune, Eternals e Foundation siano usciti tutti nel giro di una manciata di mesi.
Esseri umani che hanno il coraggio di essere dei
In estrema sintesi,
Dune é la storia di uomini che diventano dei.
Foundation, le storie parallele di uomini che non sanno/vogliono essere dei, e di dei che non vogliono essere umani.
Eternals é la storia di dei che diventano umani.
I film di supereroi ci hanno ampiamente preparato a riflettere su cosa sia umano, sul grado di evoluzione che il nostro collettivo sia in grado di elaborare in termini fisici, etici e intellettuali. Soprattutto nell’ottica Marvel, il supereroe è anche un essere più umano dell’umano, sempre a contatto col proprio orizzonte morale soprattutto quando continua a interrogarlo. Eternals “riduce” vere e proprie divinitá a umani proprio in virtù della loro coscienza e dei loro interrogativi morali: il potere illimitato non é giustificazione immediata dell’azione, ogni scelta va elaborata attraverso razionalitá ed empatia.
In Foundation sono simbologia e scienza a conferire divinitá alla pura carne. Se applichiamo la stessa unitá di misura (l’interrogarsi su se stessi, essere consapevole della propria posizione morale), l’Imperatore Cleon è un sí dio ma senza poteri sovrannaturali: il simbolo gli permette di superare i limiti morali, la scienza attraverso la clonazione quelli della carne.
In Dune, il concetto stesso di pensiero é labirintico e intricato: senza supporti esterni digitali, gli esseri umani hanno raggiunto un grado altissimo di pensiero di incredibile complessità (alcuni sono diventati de facto dei computer), la dimensione etica è una variabile di un’equazione molto più vasta. Il divino qui é pura ascendenza: gli uomini diventano sovrannaturali accedendo tramite le proprietá divinatorie della Spezia, ma non possono comunque prescindere dal risultato del percorso iniziatico che devono attraversare, e che li rende simboli essi stessi - e quindi dei.
Il motore dell’opposizione umano e divino non é solo intrinsecamente morale ma soprattutto evolutivo: il cambiamento è vitale, un movimento centripeto e centifugo insieme che è nel disegno naturale e universale; la stabilitá è degenere e puzza di morte.
Un centro luminoso nell'universo
I pianeti hanno smesso di essere ecosistemi autonomi. O meglio, grazie abbiamo smesso di considerarci entitá distinti da essi anche nelle nostre narrazioni.
In Dune, si potrebbe quasi dire che l’incidente scatenante della vicenda sia la frattura tra gli esseri viventi e il pianeta in cui vivono (simboleggiato dagli Harkonnen). Paul Atreides deve infilarsi in questo vuoto, scatenare i suoi rapporti simbiotici con gli elementi primari dell’ecosistema del pianeta Arrakis, i cicli planetari e galattici in cui Arrakis stesso é inserito, e quindi con gli orizzonti temporali di futuro e destino. C’é una continuità che ha del sacro e del matematico insieme, ed é l’assoluta risolutezza di questo movimento (dei passi, non necessariamente della direzione) a connetterlo a un più vasto senso del sacro.
In Eternals, i pianeti sono letteralmente creatori di vita, unità fondamentali di un processo incessante di creazione e perpetrazione della vita. Attraverso una distruzione necessaria. Gli esseri viventi diventano risorse naturali, materie prime per se stessi.
In Foundation, ciascun pianeta è un’unità di senso. L’unicità di ciascuno li rende simboli di valori e filosofie diverse e in costante conflitto tra di loro. Il rapporto tra gli esseri viventi e il loro pianeta non esiste. Il destino della galassia si sviluppa in spazi sterili o, fatalmente, tra le stelle. E questa mancanza di continuità è essa stessa il tema della questione: un sistema che dimentica le relazioni tra le parti (e il cambiamento) è destinato al collasso. Ovvero ciò che Hari Seldon ha predetto fin dal primo istante.
E poi il futuro…
La nostra unica certezza del futuro è l’ansia del futuro.
In Dune e Foundation, capire il futuro é l’attività più importante per interpretare il presente, più che viceversa. Nel primo, il futuro è sondato attraverso la ragione estrema ma visibile in tutte le sue ramificazioni e sovrapposizione attraverso la Spezia. Nell’altro, il futuro è calcolabile attraverso la scienza, percettibilmente immutabile, e in quanto tale ogni azione del presente diventa una funzione di come influenzerá il risultato finale. Ma c’é un eccezione: le entità - quelle sí con potere divino - che rafforzano la profezia stessa fuori e dentro il calcolo matematico.
Entrambi si connettono direttamente al senso del sacro di cui sopra, entrambi li rendono venerabili.
In Eternals, il futuro non esiste per sé, ma esiste un progetto: il tempo é lo scenario in cui un esperimento si attua, un moto continuo come la vita stessa. Il tempo e il futuro diventa di fatto inutile, e, in quanto tale, ogni ansia del futuro é rimossa.
Sull’ardente terra di questo mondo ci sentiamo persi. Le storie che ci raccontiamo o ci proiettiamo nella testa urlano un bisogno di una guida, di una chiave di lettura.
Siamo a un momento di soglia, stiamo cercando il nostro next step evolutivo, e allo stesso tempo non siamo certi di come riusciremo a sopravvivere a noi stessi. La pulsione a elevarci evolutivamente e insieme riconnetterci organicamente al nostro pianeta é contraddetta dai fatti, da un pianeta che é già il vero sintomo dei nostri mali.
Fatalmente, serpeggia il sospetto che noi stessi siamo il mutamento necessario che infine ci distruggerá.